Il trentesimo Festival della canzone Italiana segnò la riabilitazione e il rilancio dopo un decennio oscuro dando finalmente il primo segnale positivo di inversione di tendenza. Una nuova partenza per la manifestazione arrivata dagli anni Settanta con uno scarso interesse da parte di pubblico e media. La Rai e l’organizzatore Gianni Ravera affidano la presentazione a Claudio Cecchetto (DJ 27enne, lontano dal modello e gli stereotipi del presentatore istituzionale), Roberto Benigni e Olimpia Carlisi e rappresentò la prima occasione in cui il presentatore diventa protagonista del racconto, fu ripristinata la suddivisione in due categorie, una per le “nuove proposte italiane” (che si sarebbero contesi 8 posti alla serata finale) e una per i “Big italiani e stranieri” (18 canzoni già qualificate alla serata finale), ma soprattutto fu nuovamente abbandonata l’orchestra per le basi registrate.
Il Festival, tuttavia, funse da trampolino di lancio per una generazione di cantanti che, una volta famosi, recise il proprio rapporto con la manifestazione: è il caso del già citato Eros Ramazzotti, ma anche di Vasco Rossi, Jovanotti, Fiorella Mannoia e Zucchero Fornaciari, che portarono sul palco nuove sonorità e nuovi temi ma che furono penalizzati in classifica (e dunque conquistarono «credibilità agli occhi di un pubblico più attento alla qualità»).
In effetti fu Toto Cutugno a vincere con Solo noi, inaugurando una serie di piazzamenti che non lo videro mai più vittorioso, ma altre sei volte secondo, di cui quattro consecutive (che gli fecero guadagnare l’appellativo di eterno secondo) ed una volta terzo.
Si misero in luce tra i debuttanti i milanesi Decibel, gruppo punk capitanato dal ventiduenne Enrico Ruggeri, destinato a segnare per i successivi decenni la storia della musica italiana, con Contessa, Gli stessi Decibel, tra l’altro, furono tra i pochi gruppi a suonare dal vivo perché, ancorché senza playback, quasi tutti gli artisti si esibirono su basi pre-registrate avendo l’organizzazione rinunciato all’orchestra.
La Rai trasmise in TV l’ultima serata del Festival, mentre per le prime due venne mandata in onda una sintesi, in diretta, della durata di 25 minuti e limitata alle canzoni qualificate. Quella del giovedì andò in onda alle ore 22, quella del venerdì alle 23. Tutte e tre le serate furono trasmesse integralmente dalla radio.
L’elemento che diede visibilità mediatica al Festival e solleticò la pruderie della sua audience fu, tuttavia, la performance di Roberto Benigni, che dapprima, su un dialogo sul sesso, apostrofò l’allora papa regnante Giovanni Paolo II con l’appellativo di «Woitilaccione» e il presidente del Consiglio dei ministri, Francesco Cossiga, con il termine “Cossigaccio”. Successivamente si esibì in un bacio sul palco con l’altra co-conduttrice Olimpia Carlisi (all’epoca sua compagna) della durata di 30 secondi. Qualche problema con la censura ebbe Francesco Magni per la sua Voglio l’erba voglio: la Rai, chiese al cantante di modificare un verso (“chi si tira una pera solamente il dì di festa”) che faceva riferimento alla droga, ma Magni si rifiutò e lo cantò ugualmente sul palco.
Posizione | Interprete | Canzone | Autori | Voti ricevuti |
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1° | Toto Cutugno | Solo noi | S. Cutugno | 750 |
2° | Enzo Malepasso | Ti voglio bene | Depsa e E. Malepasso | 650 |
3° | Pupo | Su di noi | P. Barabani, D. Milani e E. Ghinazzi | 500 |