Irrompono le case giapponesi e il mercato “esplode” con proposte che ancora oggi fanno la gioia di molti appassionati
Ogni decennio ha le proprie moto che hanno fatto la storia, che sono entrate nel mito grazie alle prestazioni su strada ma anche al design, al fatto che si vedessero dentro ai film o venissero associate a determinati divi.
Da questo punto di vista, gli anni ’80 sono stati caratterizzati da una sorta di invasione giapponese: i modelli delle case nipponiche, infatti, sebbene già conosciuti dal decennio precedente, invasero il nostro mercato, influenzandolo e in parte conquistandolo grazie all’efficienza dei loro motori e alle loro forme spesso inedite. Ecco perché in quest’epoca il mercato delle due ruote ha conosciuto uno dei momenti più fulgidi e tecnicamente interessanti.
In quel periodo ci fu il boom delle sportive, le maxi tourer dotate di comfort e particolari degne delle migliori auto, le piccole di cilindrata 125 “made in Italy”, che arrivarono a picchi tecnici e prestazionali ancora oggi sbalorditivi.
Oggi vogliamo ricordare con le migliori realizzazioni (non in ordine di preferenza), che meglio rappresentano le moto degli anni ’80.
Honda VFR 750 F (1986-1989)

Nata come una sportiva ma presto si è evoluta ed apprezzata di più come sport tourer. Credo la prima nel suo genere, con un motore V4 da 105 CV potente ma anche tanto godibile nella guida in relax. Sella confortevole e buona protezione aerodinamica, la 750 giapponese nata in quel periodo aprì una strada che in tante concorrenti seguirono. Commercializzata nel 1986 la VFR è ancora oggi oggetto di ricordo (e desiderio) per tanti motociclisti.
BMW K1 (1988-1993)

Era il concetto tedesco di moto sportiva dell’epoca, era la K1 la proposta più sportiva che BMW aveva in catalogo. Di fatto una sport tourer dall’immagine imponente, dotata della migliore tecnologia tedesca disponibile. Motore a sogliola 4 cilindri ad iniezione elettronica, potenza massima di 100 CV e carenatura integrale. In quegli anni non ebbe un grande successo commerciale, ma oggi è una delle BMW del periodo più cercate, per fascino e componentistica all’avanguardia.
Ducati Paso 750 (1986-1989)

Definire la Paso 750 innovativa è forse riduttivo è uno dei capolavori dell’indimenticato Massimo Tamburini. Era la prima nata dall’unione Ducati – Cagiva, con il nome dato in onore del pilota italiano Renzo Pasolini, morto in un tragico incidente al Gran Premio di Monza del 1973. La moto fu presentata al “Salone di Milano” del 1985, ma arrivò sul mercato solo l’anno successivo. Dotata di motore Desmo da 72 CV alimentato da carburatori Weber doppio corpo, spiccava per le doti di sportività ma anche di un carattere che la rendeva idonea anche nei trasferimenti a medio raggio. Una carenatura avvolgente “total body” con degli specchietti integrati, ne faceva una magia per design, ammirato ancora oggi.
Aprilia AF1 Project 108 (1987-1989)

Le moto proposte delle varie case italiane nella cilindrata 125 stavano vivendo il periodo più glorioso e sbalordivano per contenuti tecnici e potenze degne delle moto da GP. L’Aprilia, ad esempio, propose la AF1 Project 108, dal nome che deriva dal brevetto del monobraccio (di proprietà ELF) applicato al posteriore. Telaio perimetrale a doppia culla, motore 2 tempi da 25 CV, la AF1 tagliava di netto con le 125 sportive prodotte sino ad allora, dando vita al filone delle “race” replica di Noale negli anni a venire.
Yamaha FZR 1000 (1987-1995)

Qualcuno la considera la “moto del decennio”, conosciuta come Genesis, venne lanciata nel 1987, e si distingue per una bella linea abbinata a prestazioni notevoli: dotata di motore a quattro cilindri raffreddato a liquido, e distribuzione a 5 valvole per cilindro, la FZR soprattutto nella seconda versione, introdusse il concetto di valvola allo scarico su un 4 tempi: la EX-UP. Questa soluzione migliorò ulteriormente le già notevoli prestazioni del motore, permettendo un’accelerazione da 0 a 100 km/h in appena 2,9 secondi e una velocità di punta di 270 km/h.
Suzuki Gsx-R (1986-1997)

La moto della casa giapponese Suzuki lanciata nel 1974 dalla linea accattivante e dalle prestazioni sportive elevate. Di maggior successo fu la versione 750 con 106 CV e motore a raffreddamento misto (aria e olio).
Ducati 851 (1987-1991)

Con motore a 4 tempi con distribuzione desmodromica e raffreddamento a liquido, vincitrice, grazie al francese Roche del titolo piloti del Campionato Mondiale Superbike nel 1990 che guidava questo gioiello.
Bimota YB4 E.I. (1987-1989)

Il motore della YB4 era un propulsore di serie di un’altra azienda infatti si trattava del quattro cilindri della Yamaha FZ 750, accuratamente modificato dai tecnici della Bimota di Rimini, con un sistema di iniezione Weber-Marelli a sostituzione dell’alimentazione a carburatori del motore Yamaha. Il lavoro svolto portò un incremento di 9 cavalli alla ruota, raggiungendo i 121 CV. Nel 1987 la Bimota YB4 esordì nel Campionato del mondo di Formula TT, con in sella il mitico Virginio Ferrari, che ottenne un’insperata vittoria finale davanti al pluricampione Joey Dunlop. La YB4 costava ben 30 milioni di lire, il triplo rispetto alla Yamaha FZ, ma grazie ai successi nelle competizioni vennero prodotti più di 300 esemplari.
Malanca OB One 125 Racing (1984-1986)

Nel 1982 nasce la prima versione della OB One, dedicata ad Otello Buscherini, pilota forlivense che ha portato numerosi successi in casa Malanca; ma la svolta arriva due anni più tardi con la OB One Racing. Un telaio tubolare in acciaio e una carena integrale davano forma alla 125 stradale più potente e veloce dell’epoca, con 25 cavalli di potenza e una velocità massima di 150km/h.
MBA VR 125 (1980-1983)

Tra gli anni ’70 e ’80, la Morbidelli dominava le competizioni della classe 125, vincendo ben otto titoli mondiali. Per via della grande richiesta, da parte dei privati, di queste moto trionfanti, nacque la MBA (Morbidelli-Benelli Armi). Una delle repliche più celebri fu la MBA VR 125, bicilindrico due tempi da 43 cavalli, dotato di due carburatori Mikuni da 29mm. Quando, nel 1987, il regolamento del motomondiale vietò le bicilindriche nella classe 125, arrivò la fine per la MBA, che non aveva risorse sufficienti per costruire un monocilindrico competitivo.